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martedì 23 febbraio 2010

Inter: non è una stangata
semmai una lezione



Versare la­crime dal pulpito interista rimane un esercizio molto chiassoso anche se, per adesso, il vittimismo non pa­ga. I nerazzurri puniti il giusto per i gesti di nervosismo contro la Samp. Il tecnico portoghese non deve sentirsi prigioniero: può andarsene dall'Italia quando desidera


TORINO, 23 febbraio - Restiamo dell’opinione che piangere su una Rolls Royce sia più agevole che farlo su una Panda. E che Mourinho, lamentandosi come gli riesce meglio di qualsiasi altro (lui che da due anni ha il privilegio di guidare la più ricca e forte delle squadre italiane), non si spinga oltre le colonne d’Ercole della banalità ma fi­nisca persminuire il suo considerevole Q.I. Versare la­crime dal pulpito interista rimane un esercizio molto chiassoso anche se, per adesso, il vittimismo non pa­ga. Anzi, tenuto conto delle decisioni del giudice, pro­duce un pericoloso effetto alla rovescia. Addirittura squassante per la capolista.

LA LEZIONE - Non si tratta di una stangata, semmai di una lezione. Nel comune senso del pudore, a volte stangata è sino­nimo di pena eccessiva, lezione invece è lezione e ba­sta. La verità è che Mou ha sollevato un “casinho” ta­le da risucchiare nell’imbuto della sua protesta smo­data una buona fetta di Inter, alle prese con una labi­lità nervosa fuori dall’ordinario in considerazione del fatto che da 139 domeniche è padrona del campiona­to. Cambiasso che tenta di prendere a pugni un avver­sario e Muntari che insulta gli ufficiali di gara sono un pessimo sintomo, come Oriali inibito (e multato) per avercontestato la presenza dei procuratori federali nei pressi delle panchine. Davano fastidio? Impallavano le telecamere?

LE PICCONATE - Mourinho è bravo: con un paio di picconate e un ge­sto polemico ha scrostrato la ruggine del settore arbi­trale, ha innescato la reazione del presidente Abete, ha compattato la categoria dei suoi colleghi, ha sgretola­to gli ultimi dubbi di chi si considerava borderline, ha fatto passare sotto traccia che l’Inter, ancorché ridot­ta in 9, ha tenuto il campo alla grande contro la Samp­doria. Mourinho non è mai stato sfiorato dal sospetto che se la sua squadra perde colpi e sente il fiato sul col­lo di Roma e Milan non è colpa degli arbitri ma di una summa di ragioni tecniche. Oppure no, è così Specia­le che lo ha capito e gioca a creare confusione per sal­vare la pellaccia. Comunque sia, rimane una consta­tazione da sviluppare: se non digerisce l’Italia, gli ita­liani e il calcio che si pratica qui, può sempre andar­sene. Nessuno lo tiene prigioniero. Con le manette.
(di V. OREGGIA da tuttosport.com)

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